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158 l'istoria del concilio tridentino

(dalli prelati e altri che furono in sua compagnia) il negozio del cardinale, e in particolare procuravano d’intendere qualche resoluzione presa sopra li diciassette articoli; avendo il conte Federico Maffei, venuto d’Inspruc il giorno inanzi, riferito che quel cardinale era stato ogni giorno retirato a parlamento coll’imperatore e re de’ romani, soli almeno due ore intiere. Ma li francesi, quanto agli articoli, si mostrarono novi e di non saperne niente: dissero che nessun delli teologi germani aveva trattato col cardinale se non il Stufilo, che li presentò un libro fatto da lui in materia di residenza, e il Canisio, quando andò a vedere il collegio de’ gesuiti; che li teologi non avevano parlato all’imperatore, se non che, andati a veder la biblioteca, sopraggionsero insieme Cesare col re suo figlio, e l’imperatore dimandò loro quello che sentissero circa la concessione del calice; a cui rispose l’abbate di Chiaraval, primo di loro, che non sentiva potersi concedere; e l’imperator voltato al re de’ romani disse in latino quel verso del salmo: «Quarantanni ho trattato con questa generazione, e gli ho sempre trovati star in error per volontá».

Ma Lorena nel visitar li legati non disse altro, salvo che mostrò l’imperatore aver buona mente e caldo zelo verso le cose del concilio, e desiderare che segua qualche frutto; e che, bisognando, v’interveniria in persona, e anderebbe anco a Roma a pregar il papa che avesse compassione alla cristianitá e si contentasse della riforma, senza diminuzione della sua autoritá, alla quale portava somma reverenzia, non volendo che si parlasse cosa alcuna toccante la Santitá sua e la corte romana. Ma privatamente ad altri parlando, il Lorena aggiongeva che, quando il concilio fosse stato governato con quella prudenza che conveniva, averebbe avuto presto e felice successo; che l’imperator era d’animo che onninamente si facesse una buona e gagliarda riforma, la quale se il papa seguirá di attraversare, come sin allora era avvenuto, riuscirá qualche gravissimo scandolo; che Sua Maestá aveva pensiero, se il pontefice fosse andato a Bologna, di andar a trovarlo, con disegno di ricever la corona dell’Imperio; e altre cose tali.