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l'istoria del concilio tridentino |
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secondo; nelle quali non s’è dimandato altro che la reformazione dei costumi dei ministri della Chiesa; e con tutto ciò
tuttavia conveniva digiunare e piangere, non settanta anni,
ma duecento continui, e voglia Dio che non siano trecento
e molto piú. E se alcun dicesse esser stata data sodisfazione
con decreti e anatemi, essi però non reputavano che fosse
satisfar dar una cosa per un’altra in pagamento. Che se si
dirá doversi sodisfare col gran fascio di riforma proposto il
mese inanzi, essi sopra quello avevano detto il loro parere e
mandatolo al re: il quale aveva risposto di vedervi dentro
poche cose convenienti alla disciplina antica, anzi molte contrarie. Non esser quello l’empiastro d’Esaia per sanare, ma
quella coperta di Ezechiele per far incrudir piú le ferite,
quantonque sanate. Ma quelle aggionte di scomunicar e anatemizzar li principi esser senza esempio della Chiesa vecchia,
e aprire una gran porta alla rebellione; e tutto quel capo che
parla della riforma dei re e principi non aver altra mira che
a levar la libertá della chiesa gallicana e offender la maestá
e autoritá dei re cristianissimi, li quali ad esempio di Constantino, Giustiniano e altri imperatori hanno fatto molte leggi
ecclesiastiche, che non solo non hanno dispiaciuto alli papi,
ma essi anco ne hanno inserte alcune nei loro decreti, e giudicato degni di nome di santi Carlo Magno e Ludovico IX,
principali autori di quelle. Soggionse che li vescovi hanno governato la chiesa di Francia con quelle, non solo dopo li tempi
della Pragmatica o del Concordato, ma quattrocento e piú
anni inanzi il libro dei decretali; e che queste leggi sono state
defese e restituite dai re posteriori, dopo che nelli tempi seguenti gli fu derogato con sustituir li decretali in luoco di
esse. Che il re, dopo fatto maggiore, voleva ridur in osservanza quelle leggi e la libertá della chiesa gallicana, imperciocché in quelle non vi è cosa contraria alli dogmi della
chiesa cattolica, alli antichi decreti dei pontefici e alli concili della Chiesa universale. Passò poi a dire che quelle leggi
non proibiscono alli vescovi il riseder tutto l’anno e predicar
ogni giorno, non che nove mesi e nelle feste, come era stato