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86 | l'istoria del concilio tridentino |
che nasceva che non si potesse deliberar alcun giorno certo per
la sessione; per il che era necessario rimetterla a beneplacito:
aggiongendo che molti di loro volevano parlar degli abusi, senza
accorgersi che il continuar tanto tempo in disputazioni vanamente, senza alcun frutto, era un abuso grandissimo, necessario da levare, volendo veder fine del concilio con edificazione. Lorena confermò il medesimo, ed esortò li padri a
lasciar le questioni che in quel tempo non erano in proposito, ed esser brevi e solleciti nell’espedire le cose giá proposte, per venire alle piú importanti e necessarie. Un buon
numero de prelati non consentí che si rimettesse la sessione
a beneplacito, e ricercarono tempo determinato: al che replicandosi che non era possibile prefigger certa giornata, per
non sapersi quanto fosse necessario per uscir della materia
tanto controversa tra loro, fu concluso che dopo otto giorni
si stabilisse il dí determinato.
Gionse il medesimo giorno il senator Molines, mandato dal marchese di Pescara per rinovare e dar maggior efficacia agli uffici a favor del pontefice con li prelati spagnoli, che, giá fatti dal secretarlo residente, non avevano partorito effetto. Portò nove lettere di credenza del marchese a tutti loro, e s’affaticò il senatore con gran sollecitudine. Il qual uffizio fece contrario effetto, perché li prelati interpretarono tanta sollecitudine esser pratica del cardinale d’Aragona, fratello del marchese, senza commissione espressa della corte. Ma vedendosi tuttavia che quanto piú si camminava inanzi, tanto piú nascevano difficoltá per questo capo della instituzione, gli ambasciatori di Francia sollecitavano che si trovasse temperamento di spedirsi da quelle superfluitá e venir al negozio della riforma, desiderosi di chiarirsi di quello che potevano aver dal concilio. E il vescovo di Nímes si lasciò intender, dicendo il suo voto, che se alli padri era tanto a cuore il decidere una curiositá che finalmente non era se non parole, non volessero trattener gli altri, ma differirla ad altro tempo, e metter mano adesso a quello che fa di bisogno. E Diego Covarruvias, vescovo di Cittá di Rodrigo, dopo di quello,