Pagina:Sarpi - Lettere, vol.1, Barbèra, 1863.djvu/182

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122 lettere di fra paolo sarpi.

perte molte cose che mi erano sinora ignote o dubbie intorno alle vostre leggi e usanze. Altamente mi aggrada che il decreto proferito a favore di V.S., non possa venir a cadere; conciossiachè rintuzza la oltrecotanza di quei tali che si fanno censori di tutti quanti. Mi maraviglio che i Gesuiti non prendano ad armeggiare in questo campo, scrivendo in pro degli avversari contro V.S., mentre da per tutto si professano oppugnatori della dottrina che introduce nella Chiesa alcuna aristocrazia. Della quale sono tanto nemici, che avendo qui un erudito signore composto un libretto, in cui sforzavasi di provare la preeminenza dell’aristocrazia sulla monarchia; tutto che niuna menzione ivi si faccia della Chiesa nè della religione, ma quella tesi sia scritta come opera di filosofo e non di cristiano; nulladimeno codesti uomini dabbene fecero ogni sforzo perchè il libretto non fosse divulgato, e la vinsero.

Fra l’appello ab abusu, di cui vi valete, e il sistema degli Spagnoli d’impedire la esecuzione delle Lettere apostoliche, parmi che corra la stessa differenza che è fra l’indole dei Francesi e quella degli Spagnoli. Questi si fan largo colle arti; voi, sempre a carte scoperte, combattete per l’appello ab abusu. Gli Spagnoli se ne traggono fuori col pretesto della reverenza. Emmanuele Sa1 aveva approvato, come bene osservò la S.V., quella maniera di fare, e con ragione aveva aggiunte queste parole: «Laonde facendo contro le lettere o contro i comandi del


  1. Gesuita portoghese, lodato per la dottrina e per lo zelo verso la religione, il quale professò teologia anche nella Sapienza di Roma e concorse all’edizione della Bibbia, che poi si disse vulgata.