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lettere di fra paolo sarpi. 131

ticipò li avvisi, quali tengo per veri e indubitati. Forse piacerà a Dio che il mal animo de’ nostri avversari rimanga senza effetti.

Le cose di Germania, sebbene non si muovano con moto regolato, turbano però in tal maniera, che daranno da pensare assai. La tregua con li Stati la teniamo per esclusa.1 Tutti averanno che ridire. Non però me ne rallegro a nostro servizio, non essendo questo un medicare il nostro male, ma solo un differirlo, e a maggior vantaggio de’ nemici. L’ozio non ci è utile: il nostro bene sarebbe un poco di negozio; ma non però tanto che superasse le nostre forze, le quali sono assai deboli, e più per mancamento di esercitazioni, che de’ modi. Uno svegliatore ci sarebbe utile, ma non un colpo di cannone che ci stordisse; e ardisco dire che quando fossimo stati svegliati qualche poco tempo, sentiressimo le colubrine senza offesa delle orecchie. Nelli successi passati siamo usciti delli lacci tesici assai onorevolmente: tenerci per certo che meglio fossimo per governarci all’avvenire, se però non dormiremo. Una cosa mi duole: che non veggo che l’utile implichi il lume che Dio ci ha mostrato in cosa alcuna che sii a gloria divina; e però mi fa dubitare che non provochiamo la sua ira.

L’avviso che monsieur Bongars dà delle cose di Germania, risponde a quelli che abbiamo d’altre parti; e tutti mostrano moti, sebbene irregolari.


  1. Si consumò tutto quell’anno nelle trattative di questa tregua, a cui per orgoglio non volevasi dar nome di pace, tra l’arciduca Alberto e il re di Spagna da un lato, e le sette Provincie d’Olanda dall’altro; e venne alfine conclusa per dodici anni nel susseguente aprile del 1609.