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lettere di fra paolo sarpi. 245

nipote; e la curia romana vede di buon occhio che a tanta felicità si mescoli alcun intoppo: così l’invidia anche i santi martella. Dio ci guardi per sua bontà.

Ma voi, quando penserete a diradicare la zizzania e l’erbacce che i Gesuiti piantano alla Flêche, ove mi affermano che si trovino per educarsi presso a cinquecento figli di nobili? Questo, a’ miei occhi, è il vero morbo gallico; e tale riusciravvi, se dalla fortuna non avrete lo stesso buon servigio che noi. Perocchè, se da quei collegi uscirono alquanti che portavano a cielo i loro istitutori, i più ne furono implacabili nemici.

Io, chiarissimo signore, ho alcuni statuti del 1560, fatti da Carlo IX in Orleans, e altri in Blois, da Enrico III, del 1579. Desidero sapere se ad essi fu derogato da altre leggi, o dalla pratica. In quelli, e segnatamente Orleanesi, veggo alcuni punti fermarsi sulle annate e altre romane esazioni, che costà sento non osservarsi per nulla. Vi prego a contentare la mia curiosità.

Aspetto avidamente la collezione del Boccello;1 e spero di trovarci assai cose buone al bisogno mio. Alle novelle che giunsermi, vollero dapprima tener nascosto e poi castrare quel libro; e io presagisco che a Roma lo condanneranno. Sorte che incontra a molte buone opere.

Verissimo che di Spagna si porti a Roma danaro


  1. Questo giureconsulto francese, molte volte nominato nelle Lettere sarpiane, fu avvocato del parlamento di Parigi, e autore delle seguenti opere: Decreti della Chiesa gallicana; — Biblioteca del Gius francese; — Manuale del giureconsulto cristiano. Morì nel 1629.