Pagina:Sarpi - Lettere, vol.1, Barbèra, 1863.djvu/360

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300 lettere di fra paolo sarpi.

quel decreto, ben dev’essere degno di nota; e farà opera gratissima a parteciparmelo.

Ho il regio editto sui duelli, e ho fatto le meraviglie come un decreto anteponga il fisco ai creditori ipotecarii. Non ci giunse qua l’arresto all’editto, ma l’editto soltanto: peraltro, dalle parole di V.S. intendo come il Parlamento abbia fatto emenda con l’arresto agli errori (per dir così) del regio consesso. Ma stupisco che a tanto siasi proceduto.1 Prima che il re v’apponesse la firma, non si poteva l’editto vedere, esaminare e correggere? Fors’è tale la vostra prassi; e parmi ora intendere il cómpito del Parlamento.

Io non porrei mai misura allo scrivere: tanto è il piacere che provo a intertenermi con la S.V., che non penso la noia che da ciò può venirle. Anche una parola. Ho inteso lodare il libro che s’intitola Tortura Torti, nè l’ho ancora veduto; ma spero vederlo presto, e leggerollo avidamente. Celebrandosi da voi e dal signor Casaubono, bisogna che sia d’argomento, di stile e di concetti perfetto. E pensatamente dissi dello stile; perocchè mescer facezie alla serietà non s’addice che a codesti argomenti.

Nè basta ancora; mi viene a mente un altro particolare. Foste informato che il re di Spagna chiedeva al pontefice di non metter pensioni sui benefizi di Spagna a favore degl’Italiani. La cosa non


  1. Non poca oscurità, e procedente forse da mala puntuazione, è qui nel testo latino; che ci piace di riportare, facendone giudici gli stessi lettori: “Arrestum ad edictum ad nos perlatum non fuit, sed solum ipsum edictum nudum; sed et his quæ tu narras animadverto quomodo arresto Parlamentum corrigat. Ita dicam, errores regii Consilii; sed id miror quod opus fuit.„