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lettere di fra paolo sarpi. 301

istà in questi termini. È antica e non mai interrotta legge di Spagna, che in quel regno non si possa conferir benefizi o pensioni su d’essi ad alcuno, dagli Spagnoli in fuori, che chiamano ancora nazionali. Per contravvenire alla quale, la curia di Roma avea ricorso ad uno stratagemma. Il papa stabiliva una pensione per qualche italiano, ma in testa a taluno degli Spagnoli che a Roma dimorasse e del fatto si dimostrasse contento.1 Ciò accadeva a ogni tratto, e sopra a qualche Spagnolo erano impiantate pensioni a pro di diversi, per molte migliaia di ducati. Ultimamente, l’attual regio legato e nipote al duca di Lerma rappresentò al papa, che d’ora in là il re non pativa più simile giuntería alle leggi. Questa è la verità. I romaneschi inventeranno qualche altro gingillo pe’ loro fini, trovando duro di non beccarsi più le pensioni.

Considererò più accuratamente quel ch’Ella scrive intorno al possesso; e se ostacoli si affacceranno, la renderò informata. Prego la S.V. a presentar tanti saluti al signor Casaubono, e continuarmi la solita benevolenza. Stia sana.

Venezia, 1 settembre 1609.




XCII. — Al signor De l’Isle Groslot.2


Da quella di V.S. delli 18 agosto, veggo che le cose di Cleves vanno a via d’esser ridotte nell’ar-


  1. Di tal fatto si accenna ancora in altre Lettere. Può vedersi alla pag. 267, ec.
  2. Edita in Ginevra ec., pag. 192.