Pagina:Sarpi - Lettere, vol.1, Barbèra, 1863.djvu/363

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lettere di fra paolo sarpi. 303

lume di conoscere quanto male fate agli altri, e peggio a voi stessi, e non molto bene ad essi Padri; poichè, se già furono abborriti come troppo Spagnuoli, comincieranno ad esserlo come troppo Francesi.

Son trascorso nello scrivere: supplico V.S. di perdonarmi; che se la partita del corriere non instasse, io vorrei prolungar la presente per trattar con più pertinenza.

Non so se avrà inteso il grande incendio di Costantinopoli; dove uno schiavo, per vendicarsi contro il suo padrone, ha posto fuoco in casa, il quale da quella passato in altre, e così aumentato, vi ha abbruciato tre miglia di terreno, tutto abitato; e il danno, senza iperbole, è di tre milioni di valuta.1

Dell’ambasciatore persiano andato a Roma per ricever la benedizione del papa a nome del suo re, e baciarli li piedi, credo che V.S. avrà già avuto nuova. Egli non ha altro negozio, se non sollecitare la guerra contro il Turco; ma la stagione non lo dà. Il mondo è vòlto alla pace; la quale prego Dio che doni anco alle coscienze nostre, e cumuli V.S. delli suoi santi doni. Alla quale bacio la mano.

Di Venezia, il 15 settembre 1609.




  1. Gl’incendi, come dimostrazioni di ribellione, o piuttosto le ribellioni sotto forma d’incendio, erano cominciate in Costantinopoli sino dal 1589, quando con ciò cagionavasi un danno calcolato a quindici milioni di scudi d’oro; e (maggior male di tutti) la prepotenza soldatesca, per l’ottenutane impunità, diventò irrefrenabile. D’allora in poi non furono se non troppo frequenti, nella città dei Sultani, le calamità di tal fatta.