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lettere di fra paolo sarpi. 347

della Confessione Boema, e degli Editti per la libertà di religione di Boemia e Slesia; li quali mi sono arrivati gratissimi, e resto obbligatissimo a V.E. per il favore. Ho già trovato chi me l’interpetra in italiano.

Ho letto il libro del Bellarmino da capo a piedi: cosa assai dozzinale. Mi pare che quel prelato, a misura che manca per la vecchiezza di forze corporali, manchi ancora del vigor dell’animo. Sta più sopra le cose della religione, che sopra altro; ma però non porta, se non autorità de’ Padri, ed alle volte assai generali, ed alcune ancora che fa poco per la sua intenzione: tratta con affettata modestia, la quale è più pungente d’una aperta arroganza, perchè nega apertamente molte cose dette dal re, non di opinione ma di fatto suo proprio; come che non abbia fatto morir alcuno per causa solo di religione; che S.M. abbia trattato con lui cose ch’egli afferma: dice che il processo fatto contro Garnetto gesuita1 è falso; e di tutte queste cose non porta altra confermazione, se non che persone di fede a lui han detto il contrario. Passa ben fuori della religione a mostrare che Inghilterra ed Ibernia sono feudo della Chiesa romana, e però essi felloni. Difende la dignità de’ cardinali, con dire che sono o vescovi preti o diaconi; e però lor devono esser concesse quelle prerogative che l’antichità ha concesso a questi tre ordini. E qui porta tutti gli ec-


  1. Implicato nella tanto famosa cospirazione che si disse delle polveri, e perciò condannato alla forca. Era inglese, di nome Enrico, ed aveva in Italia avuto per maestri il Bellarmino ed il Clavio. I gesuiti ne fecero un martire, dopo aver forse sperimentato che non potevano farne un innocente.