Pagina:Sarpi - Lettere, vol.1, Barbèra, 1863.djvu/408

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348 lettere di fra paolo sarpi.

cessi o iperboli che sono in tutti gli scrittori vecchi, senza avvertire che le ragioni sue concludono troppo, e riprendono loro stessi, che non dànno quegli onori a tutti i vescovi, preti e diaconi. Certo è un discorso assai ridicolo. L’ambasciatore inglese, però, ancora non dice alcuna cosa; ma intendo che sopra modo gli pesa quella parte dove vuole Inghilterra ed Ibernia per feudi. Si pensa assai quello che si doverà fare qui di tal libro, poichè si proibì (sebben con maniera assai respettiva) quello del re. Io veggo che Dio favorisce la Repubblica, perchè le manda occasioni che la sforzano a riconoscere la sua autorità. Ecco avremo un esempio, che ci sarà proibito un libro di un cardinale: non so se si poteva desiderare meglio; e sarà per il tempo futuro cosa utilissima, perchè Roma incomincia a patir troppo prurito di scrivere, e non vede che il silenzio le sarebbe più utile, non essendo questi tempi come li passati negli altri secoli, quando le parole spaventavano.1

Alli giorni passati, credo scrivessi una nuova romana a V.E.: che si trattava matrimonio con la casa Aldobrandina e Borghese. A questo m’occorre aggiungere ora, che il cardinal Montalto ha disturbato tutto il trattato, e si sono dati scambievole parola li Ferretti e Borghesi di non parentarsi con Aldobrandini. Le scrissi ancora che i Turchi avessero preso tre galeoni e due tartane fiorentine: fu vera la presa ed il numero dei vascelli; ma erano


  1. E oggidì, le parole di tal sorta non solo non ispaventano più, ma non sono più lette fuorchè dai partigiani di quelli che scrivono: il che vuol dire che il tempo ha lor tolta ogni virtù di convertire e di fare proseliti.