Pagina:Sarpi - Lettere, vol.1, Barbèra, 1863.djvu/415

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lettere di fra paolo sarpi. 355

nome di Servi della Beata Maria; e noi ne ereditammo il titolo e il colore delle vesti.1

Gratissimi mi riuscirono i cenni su gli esordii e la vita Barclay, e la erudizione di suo figlio; cui molto ammiro, perchè sebbene amico e cliente dei Gesuiti, vada immune dalla loro peste.2

Quanto al dubbieggiare ch’ella fa sul menar buono o no alla Chiesa il vocabolo di potere, in verità è cosa di momento. Sarebbe da passar sopra ai vocaboli, se per la loro storsione i perversi non si gittassero ad abusare ancora le cose; come, dacchè s’arrogarono il nome di Chiesa, fecero eziandio proprii esclusivamente i beni sparsi nel dominio di tutta la Chiesa, e che erano destinati al mantenimento di tutti i ministri. Io, comunque abbia moltissimo a noia l’abuso della voce τό potestas, pure non giudico s’abbia affatto a scartare, essendosi valso due volte il santo Apostolo nella 2a ai Corinti del vocabolo ἐξουσίας, cui egli adopera, fatto verbo, anco


  1. Conviene senz’altro ammirare la critica parsimonia colla quale Fra Paolo discorre qui dell’origine dell’ordine monastico a cui egli appartenne, senza nemmeno accennare alle molte controversie che intorno a quella si fecero. Ed è da osservarsi come fosse allora venuta in luce l’operetta di Frate Arcangelo Giani (Firenze, 1591), che avrebbe somministrato al discettare una ben ampla materia. Nel nostro, invece, nemmeno una parola sui sette devoti mercanti fiorentini e il fiorentino Filippo Benizi, tra i quali si disputa la gloria di una tale istituzione. Spettava al gesuita Bonanni il raccontarci più tardi (1710), come il Benizi, incontratosi per la via che mena da Todi a Narni in due pubbliche meretrici, e ottenuta da queste promessa di conversione, fondasse sopra una tal base il così detto terz’ordine dei Servi di Maria.
  2. Rivedasi la nostra nota a pag. 275. L’opera di Guglielmo Barclay, De potestate papæ, fu ristampata ancora in Pont-a-Mousson, nel 1709.