Vai al contenuto

Pagina:Satire (Orazio).djvu/111

Da Wikisource.

113

Le affannose ricchezze ignaro esalta,
Così incomincia: Un topo di campagna
115Già diede alloggio entro sua cava angusta
A un topo di città suo vecchio amico.
L’albergator benchè tenace ed aspro,
Pure allargava agli ospitali ufficj
Il picciol cuor. Di sua dispensa in copia
120Trasse fuor ceci, avena, e con la bocca
Portando acini secchi, e rosicchiati
Pezzi di lardo si studiò con vario
Imbandimento d’espugnar la nausea
Di lui che l’uno dopo l’altro cibo
125Toccava appena col superbo dente.
E intanto esso padron cedendo all’altro
I migliori boccon su fresca paglia
Steso mangiava un po’ di farro e loglio.
Alfine il topo cittadin: che giova
130A te, gli disse, amico in dorso a questa
Rotta montagna dimorar penando?
Vorresti forse alle ferine selve
Tu gli uomini anteporre e le cittadi?
Vien meco, ah vieni: il mio consiglio abbraccia.
135Giacchè vita mortal tutti sortiro
Gli animali terrestri, e scampo alcuno