Pagina:Satire (Orazio).djvu/85

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Ei recò danno alla consorte o al figlio,
E non a Teucro, nè al medesmo Ulisse.
310― Ma io per distaccar da lido ostile
Gli affissi legni, accorto il Ciel placai
Col sangue. ― Col tuo sangue, o furibondo.
― Col mio; ma furibondo io no, non fui.
― Chiunque adotta immagini dal vero
315Discordi e miste di malnati affetti
È forsennato, nè divario alcuno
V’è che a mal far lo spinga ira o stoltizia.
Ajace impazza quando mette a morte
Greggia innocente, e tu la mente hai salda
320Quando per vani titolo dai mano
Con pieno accorgimento a un atto indegno?
Gonfio d’orgoglio un cor dal vizio è sgombro?
Se alcun volesse una lisciata agnella
Seco in lettiga, e le comprasse vesti
325Come a sua figlia, e fregi d’oro e serve,
Cento le desse leziosi nomi,
E un buon marito ancora le destinasse,
Certo il pretor levandogli il maneggio
Il darebbe in tutela a’ suoi parenti.
330E quei che in cambio d’una muta agnella
Sacrifica una figlia, ha intero il senno?