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Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/162

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106 capitolo decimonono


La difficoltà di incontrarne un bello, risposi, mi ha sforzato a differire il regalo, ma fra pochi dì la mia promessa avrà effetto. Il ragazzo capì benissimo com’era la cosa, e manifestò sulla faccia l’interno dispetto.

Nondimeno, benchè per questo inganno mi fossi chiuso il sentiero ch’io avea fatto, tornai di nuovo al mio vizio: poichè passati pochi giorni ed uno stesso accidente avendoci riuniti nello stesso luogo, quand’io udii suo padre a russare cominciai pregando lo scolaretto, che mi restituisse la di lui grazia, cioè che mi permettesse di dargli piacere con tutti i modi che una raffinata libidine sa suggerire. Ma egli assai corrucciato nient’altro mi rispondea se non che: o dormi, o ch’io dirollo a mio padre.

Ma niente è così difficile che il desiderio ostinato non superi. Intanto ch’ei dice, sveglierò mio padre, io l’annodai con impeto, e di lui, che mal s’opponea presi per forza piacere. Ma egli non adiratosi della mia dissolutezza, dopo essersi lungamente lagnato del mio inganno e del vedersi deriso e ballottato tra i suoi condiscepoli, co’ quali erasi vantato del mio promesso regalo, vedrai, mi disse, che non voglio però somigliarti, fa pure di nuovo ciò che più brami. E così dimenticato ogni dissapore tornai in amistà col fanciullo, e dopo essermi servito della sua cortesia mi addormentai. Ma non fu contento di questa replica lo scolaretto, che vi si era pienamente adatto, ed aveva un’età appropriata a cotale esercizio; onde svegliommi, e disse: non vuoi tu altro? Dal che chiaramente compresi non dispiacergli quel giuoco. Com’ebbe adunque non senza molta fatica e riscaldamento ottenuto ciò che voleva, io stanco dei piaceri m’addormentai nuovamente. Nè un’ora peranco era scorsa ch’egli si diede a punzecchiarmi coi diti, e dirmi, perchè non facciam noi? Allora io sì di frequente svegliato montai davvero in molta collera, e gli resi pan per focaccia dicendogli: o dormi, o ch’io dirollo a tuo padre.