Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/93

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lusso e magnificenze di trimalcione 37

a mano, dove portavasi un vecchio e cisposo mignone, più brutto del suo padron Trimalcione, di cui era la delizia. Così trasportato e accompagnato da alcuni armoniosi flautini si avvicinò alla di lui testa, e come se gli parlasse segretamente all’orecchio, canticchiò per tutto il cammino. Noi, stanchi oramai di maraviglia, teniam dietro, e insieme ad Agamennone arriviamo alla porta, sullo stipite della quale era un cartello inchiodato con questa iscrizione:


QUALUNQUE SCHIAVO USCIRÀ

SENZ’ORDINE DEL PADRONE

BUSCHERÀ CENTO SFERZATE.


Stava sull’ingresso un guardaportone vestito di verde chiaro con una cintura color di ciriegia, il qual mondava piselli in un catino d’argento. Pendeva poi sopra la soglia una gabbia d’oro, dalla quale una gazza vario-pinta salutava i concorrenti. Io poi di tante cose stordito, fui per cader tombolone a rischio di fracassarmi le gambe, per causa di un cane, che alla sinistra dell’ingresso vicino alla camera del guardiano era dipinto sul muro, legato con catena, colle parole cubitali al disopra GUARDATI DAL CANE.27 Ciò fe’ ridere i miei colleghi; ma io raccolto il mio spirito non rimasi dal proseguir lungo il muro. Il sito ove si vendon gli schiavi era tutto dipinto a cartelloni insieme al ritratto di Trimalcione,28 il qual chiomato col caduceo in mano entrava in Roma, e Minerva ne reggea le redini. Più innanzi era figurato in atto d’imparare i conti, e più oltre in foggia di tesoriere; e il bizzarro pittore ogni cosa avea diligentemente rappresentata con la iscrizione: sul finir poi del portico eravi Mercurio che lui col mento rialzato ponea sopra un alto tribunale. Ivi appresso era la fortuna ornata del corno dell’abbondanza, e le tre Parche che filavano penecchi d’oro.