Pagina:Scarselli - Nelle solenni esequie del celebre filosofo e medico bolognese Giacomo Bartolomeo Beccari - 1766.djvu/38

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XX.

Considerate spesso il vostro prossimo come opera di Dio, e vostro compagno nella Beatitudine; perciò amatelo teneramente.

XXI.

Bisogna sradicare la sollecitudine circa le precedenze; disprezzarle, e non curarle. I Santi hanno avvertito, che si parli poco di se, e delle cose sue.

XXII.

Fate un esercizio particolare di dolcezza, e di rassegnazione alla divina volontà non per le cose straordinarie, ma per i piccoli difetti d’ogni dì. Preparatevi a questo ogni dì la mattina, il dopo pranzo, la sera. In ciascuno di questi tempi mettete il vostro cuore in positura di tranquillità, e dolcezza.

XXIII.

Ciò, che vedete potersi far con l’amore, operatelo pure; ciò, che non si può fare, se non con contrasto, lasciatelo stare.

XXIV.

E’ cosa naturale a tutti l’avere proprie opinioni, ed il confirmarle, ed appoggiarle ad ottime ragioni è necessario ad alcuni; ma è poi contrario alla perfezione il volerle stimare, e fare stimare, e ricevere ad altri. Non si debbono dunque amare, onde non ci dobbiamo turbare, se altri le riprova, e le contraddice.

XXV.

Per mortificare questa inclinazione, bisogna levarle via gli alimenti. Vi cade in pensiero, che un Tale ha torto di fare a questo modo una tal cosa, e che meglio sarebbe fatta nel modo, che l’avete pensato voi. Distoglietevi da questo pensiero, dicendo fra voi medesimo: Che importa questa cosa a me, mentre non è stata comunicata a me?

XXVI.

L’unico rimedio di guarire dal male del proprio giudizio è di non fare conto alcuno di quanto ci venga in pensiero, applicandoci a qualche cosa di meglio; imperciocchè se vogliamo lasciar libertà al pensiero di far riflessioni sopra tutte le opinioni, che ci suggerirà in diversi incontri, ed occasioni, che ne avverrà? se non una continua distrazione, e impedimento di cose più utili, e che sarebbero proprie per la nostra perfezione, rendendoci incapaci, ed inabili a fare l’Orazione.

XXVII.

Dopo la Confessione non è più tempo d’esaminarci, per vedere, se si è detto tutto quel, che si è fatto; anzi quello è il tempo di stare attenti con tranquillità appresso Nostro Signore, con cui ci siamo riconciliati, e rendergli grazie de’ benefizi ricevuti, non essendo altrimenti necessario di fare la ricerca di quel, che avessimo potuto scordarci; e similmente dopo di aver reso conto al Confessore, e detto semplice-