tadino, di un virtuoso ed esemplare Cristiano. Ah che io
in que’ primi trasporti di affanno e di dolore dalla inferior parte sopraffatto, e sospinto non ho potuto rattenermi per modo, che più volte indiscreta non chiami, e crudele la morte, da cui quest’Uomo chiarissimo è stato, con tardo sì, ma sempre intempestivo colpo, rapito alla imitazion de’ Fedeli, al piacer della Patria, all’onor delle Lettere e delle Scienze1. E se un doppio vincolo di amicizia, e di sangue2 porge a me quasi proprio, e distinto diritto di offendermi, e di lagnarmi di quella inesorabile predatrice, non è già, che ancora non se ne dolgano amaramente, e non ne piangano i più saggi conoscitori del merito, ed i più retti estimatori del danno; i quali dell’uno insieme, e dell’altro richiamano in oggi, e con pubblica, e solenne pompa rinnuovano l’onorata, e lagrimevole ricordanza3. Ma risalendo poi colla parte superiore dell’animo agli augusti principi della religione, e della fede, e le voci ascoltando della Cristiana rassegnazione e pietà, rientro pure in me stesso, e la vanità riconosco de’ miei rimproveri, e degli altrui contro la fida esecutrice e ministra degli eterni voleri; e chinando umilmente la fronte adoro non solo, ma benedico la provvidenza divina, a cui se già piacque di farci dono di uno Spirito sì eletto, e sì raro, or è piaciuto ritorselo, per collocarlo dopo le sue illustri fatiche in un soggiorno d’imperturbabil pace e riposo, e per innalzarlo dopo le virtuose sue opere ad un seggio d’interminabile gloria e grandezza.
Nè così mi rattristo del danno mio, nè così la comune disavventura compiango, che non esulti al tempo stesso, e non goda di sì gioconde speranze; e quanto i neri apparati, e gli altri funesti segni di tristezza e di lutto mi presentano per l’una parte, e mi ricordano le nostre perdite, tanto per l’altra la santità del luogo, le preghiere de’ Sacerdoti, il valor de’ Suffragj mi confortano a credere, o più tosto a vagheggiare m’invitano la preziosa eredità di quell’Anima avventurata. Alla quale se in quella dovizia immensa di splendore e di gaudio, in che mi par di vederla, pur alcun senso di compiacenza rimane per la stima, che di Lei