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144 origine del sistema planetario eliocentrico

cui avessero ora a correr più presto, ora ad andar più lentamente, ora ad arrestarsi, come fanno i cinque pianeti nelle loro così dette stazioni. Nessuno infatti ammetterebbe un simile irregolar modo di camminare in una persona composta e di abito bene ordinato. Spesso le necessità della vita sono agli uomini causa di lentezza o di velocità; ma di tali cause nessuna se ne può assegnare nella natura incorruttibile degli astri. Onde i Pitagorici proposero la questione: in qual modo per mezzo di movimenti circolari ed uniformi si possano rappresentare i fenomeni1.

28. Un’analoga ma non identica notizia, data in origine da Adrastro Afrodisiense, si trova nei suoi due compilatori, Teone Smirneo e Calcidio. Teone dice2: «Le varie apparenze dei moti planetari nascono da questo: che i pianeti, infissi come sono ciascuno in una propria sfera, e mossi da quella secondo certi circoli, al nostro occhio sembrano proiettarsi sullo Zodiaco, come fu primo ad intendere Pitagora». — Calcidio3; «Videntur tamen nobis omnes quidem planetae non aequali motu, quidam tamen inordinata quoque agitatione ferri. Quam igitur causam dicemus huius erroris et praeitionis? Supra memoratam, a Pythagora intellectam, quod quum in globis suis consistentes ferantur, per Zodiacum ferri, languente visus acie, putentur». — A questa notizia non si potrà attribuire alcun valore storico, se non ammettendo, che per Pitagora abbiansi da intendere quei medesimi Pitagorici, di cui parla Gemino. E ne risulterebbe, aver questi Pitagorici spiegato la irregolarità dei movimenti planetari per mezzo della combinazione di due moti circolari, uno concentrico alla Terra, l’altro avente il suo centro fuori di essa (eccentrico od epiciclo).

29. Proclo nel suo libro delle Ipotiposi si spiega anche più chiaramente4. Dopo aver accennato in brevi termini alla discordanza che s’incontrava nelle ipotesi astronomiche conosciute al suo tempo, aggiunge che «anche agli illustri Pitagorici (siccome abbiamo appreso dalla storia) piacquero le ipotesi degli eccentri e degli epicicli, per essere più semplici

  1. Gemini, Isagoge in Phaenomena nell’Uranologio di Petavio, edizione 1630, p. 3.
  2. Astronomia, capo XXII, p. 212 ed. Martin.
  3. Comm. in Timaeum Platonis, c. LXXVI-LXXVII.
  4. Procli, Hypotyposes, ed. Halma, p. 70-71.