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sulla storia dell’agrimensura 297

filologica insieme. Basti dire che insieme alle regole dedotte dalla geometria d’Euclide e d’Archimede, e in compagnia di problemi che suppongono nota la risoluzione delle equazioni algebriche di 2.° grado, e di altri in cui si danno tracce evidenti dell’analisi indeterminata di 1.° grado, di nuovo vediamo comparire i metodi empirici del papiro Rhind e dell’iscrizione del tempio d’Edfu pel calcolo dell’area dei triangoli e dei quadrilateri. Le regole per ottenere le aree dei poligoni regolari mostrano che il loro autore ignorava ancora la trigonometria d’Ipparco. Insieme al valore Archimedeo del numero esprimente il rapporto della circonferenza al diametro, si trova impiegato in un luogo il numero 3. Pel calcolo degli archi e dei segmenti di circolo in funzione della corda e della saetta sono date espressioni, le quali non possono essere esatte: può darsi tuttavia che Erone le abbia pubblicate per dare modo ai pratici di sciogliere approssimativamente un problema loro affatto inaccessibile per la via diretta e rigorosa.

Non mi è concesso di entrare ad esporre minutamente quanto il nostro autore discorre sull’origine dell’agrimensura presso i Romani, e sopra alcune pratiche agrimensorie di origine prettamente italica, come per esempio l’uso sistematico di coordinate rettangolari riferite ai due assi fondamentali detti il cardine e il decumano (uso che fu richiamato recentemente in vigore dal prof. Porro nel suo sistema di topografia detto Celerimensura), a cui necessariamente era connesso l’uso continuo ed universale dello squadro o groma, strumento ignoto ai geodeti della Grecia e dell’Egitto, ma che tuttavia tiene ancora un posto importante nella nostra topografia elementare, e nulla ha perduto della sua importanza nella misura dei terreni. Nell’opera stessa deve leggersi quanto riguarda le prime relazioni scientifiche dei Romani coll’Egitto. Fu in conseguenza di queste relazioni, che, nel secolo precedente la nascita di Cristo, le regole dei geodeti egiziani cominciarono ad esser insegnate in Roma. Per quanto riguarda la parte giuridica, ed anche la parte topografica dell’agrimensura, i Romani non trovarono necessario di commutare le loro pratiche di origine consacrata dalla religione e dal tempo, con quelle dei Greci e degli Egiziani: lo squadro o groma non cedette il luogo alla diottra dei Greci, più complessa, più perfetta, e non pertanto assai meno opportuna per la misura dei campi. Ma i Romani,