Pagina:Sequi - In val di Bisenzio, Pichi, Arezzo, 1883.djvu/21

Da Wikisource.

— 19 —


pur tuttavia, io non rimaneva libero dalla imputazione di procurata evasione di due individui che erano colpiti dalla legge, e questa minaccia fu spesso tradotta in atti con persecuzione, e molestie continue che mi seguirono in qualsiasi luogo ove io mi trovassi, e fino al 1859, epoca nella quale cambiarono le sorti della Patria nostra, vendicata col sangue di tanti prodi ai quali fu guida, e sprone, la saggiezza e l’ardire del Re Galantuomo, ed il coraggio, e la lealtà dell’eroe Garibaldi.

A queste mie memorie scritte nel 1860 debbo aggiungere oggi un altro non meno commovente episodio, il quale dimostra quanta forza avesse la gratitudine nel cuore di Giuseppe Garibaldi, a quanto tenesse viva in se la memoria delle persone e dei fatti narrati fin qui. Allorquando accadde lo sventurato incidente, che portò ad esser ferito dalle armi italiane il valoroso Duce Garibaldi ad Aspromonte, e che il medesimo fu trasportato a Pisa onde curarsi della ferita prodottagli, il mio compianto amico dottor Franceschini mi scriveva, il giorno 9 nonovembre 1862, la lettera seguente direttemi a Pistoia ove io mi trovava in qualità di impresario, ed ingegnere, nei lavori della linea ferrata Pistoia-Bologna, lettera che religiosamente conservo in memoria dell’amico perduto, e che qui trascrivo «ivi» «Amico Caro. Sento dai giornali che Garibaldi viene a Pisa. Assicuratene, e poi scrivimi subito per andare insieme da lui. Se tu non potessi farmi il favore di una lettera per il medesimo. Rispondimi subito, subito e credimi

«Il Tuo Affezionatissimo Amico»

«D. F. Franceschini»


Venne in Pisa, come si diceva, il Generale Garibaldi prendendo alloggio all’Hôtel Peverada di quella città, e dopo pochi giorni dalla esegnitali operazione ed estrazione del proiettile, fatta con abile maestria dall’oggi defunto illustre professore Zannetti, io e l’amico Eranceschini ci portammo a Pisa per visitare l’illustre infermo, Franceschini ansioso di farne la conoscenza, io poi, oltre al desiderio di fargli visita di condoglianza per l’avvenutagli sventura, e per congratularmi dell’esito felice