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del compagno nel dorso, e lo stringevano nel pugno; ballavano con lentezza sapiente, con le gambe un po’ allargate, coi berretti buttati indietro, sulla fronte, con il mento sulla spalla del compagno. Sul principio i galeotti si astennero guardando: ma come Rocco Traetta portava sempre in trionfo il bimbo che rideva, rideva, qualche coppia di galeotti si formò, strisciando curiosamente la polka. Alcuni erano giovanotti di malavita, napoletani, e sapevano ballar bene; non si curavano della catena che pesava e strideva; niuno udiva il ferreo scricchiolìo. Altri galeotti avevano formato dei circoli e giravano a tondo, ridendo, gridando, ballando, rialzandosi, mentre la musica affrettava sempre più le sue misure. Sulle teste di tutti girava il bimbo, tenuto alto nelle braccia di Sciurillo e il fanciullo biancovestito dava dei colpi leggieri sui capelli rossi di Sciurillo, ridendo, nel clamore, nella luce di quella notte.



V.


Nella penombra della stanzetta, di cui erano quasi chiuse le imposte, chinandosi sul lettuccio del piccolo ammalato, parlando sottovoce, con un soffio di voce solamente, la mamma gli diceva una storia di fate. Il piccolino infermo ascoltava con