Pagina:Serao - Dal vero.djvu/144

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lettera aperta. 141

gli spazzini, i sonetti dei poeti, i quadrettini dei pittorucci, gli episodi dei novellieri; come potevi resisterci? Ti oppressero, ti calunniarono, ti ingiuriarono, ti dipinsero in nero e rosso: ora rinchiuso nel severo e misterioso silenzio dell’uomo che non ha nulla da dire, tu ci neghi l’eruzione.

Pensa che noi potremmo esigerla. Da tempo immemorabile i cittadini di Napoli e dintorni hanno il diritto, almeno ogni cinque anni, ad una graziosa eruzioncella; perchè infine noi siamo brava gente e ci contentiamo di poco: non mormoriamo se invece di acqua ci danno coriandoli, se le vie sono sporche ma ben illuminate, se dappertutto si veggono possidenti in cenci che cercano l’elemosina a miserabili ben vestiti. Tutto questo per noi è nulla; basta che non ci vengano negati i nostri cari spettacoli. I romani avevano il Circo, gli spagnuoli hanno i tori, gli egiziani hanno il Nilo e noi abbiamo il Vesuvio.

Almeno, se non vuoi farlo per obbligo, fallo per compassione: china i tuoi occhi sulla pianura e considera lo stato miserando della tua dilettissima figlia, la gioconda Napoli. Napoli si annoia, e siccome non suole fare mai le cose a mezzo, si annoia profondamente e coscienziosamente: rassomiglia ad una bellissima donna, pallida di spleen, col corpo abbandonato e le mani penzolanti, che ogni tanto apre la bocca.... per sbadigliare. Nulla può castrarla ed i suoi languidi occhi semichiusi non veggono d’attorno che cose vecchie; i teatri sono sempre gli stessi, e le emozioni che vi si provano, convenzionali; le passeggiate uguali, dritte e