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parte quarta | 271 |
— Che pagina! Io odio il tuo Balzac, lungo e triste. Il libro lo sequestro io.
E fece per prenderlo. Andrea lo tirò a sè, naturalmente, pensando che tutto era perduto. Lucia chiuse gli occhi, come se morisse. Nulla accadde. Alberto non insistette per avere il libro. Dopo tutto, che gliene importava di Eugénie Grandet? Purchè sua moglie non leggesse e chiacchierasse così allegramente come prima! Andrea respirò lungamente, riprendendo il suo biglietto, non volendo darlo più, avendo provato uno spasimo ineffabile. Lucia sì riaveva, con la sua maravigliosa facoltà di passare da una impressione all’altra, rapidamente. Era finita anche pei biglietti. Invece il pranzo fu allegrissimo. Caso strano, ai pomelli di Lucia era salito un rossore ardente, due macchie di sangue: sulla gota, verso il mento una striscia rossa, simile a una graffiatura. Ella aveva caldo, si sventolava, odorava la sua boccettina di sali inglesi, scherzava con suo marito, scherzava con Caterina. Non aveva mostrato mai tanta allegria: ogni tanto uno stiramento nervoso le moveva la bocca, ma poteva sembrare una risata. Andrea beveva, beveva distratto. Lucia si chinava verso lui, gli sorrideva, gli parlava molto da vicino, mostrava i denti, gli offriva quasi le sue labbra garofanate. Allora Andrea, in quel calore della stanza da pranzo, con l’aria pesante dove si aggravava l’odore delle vivande e quello acuto delle frutta conservate e quello forte dell’aceto sparso sulla cacciagione, con quei riflessi caldi dei cristalli sulla tovaglia, con Lucia rossa in volto, la cravatta allargata, il collo bianco