Pagina:Serao - Il romanzo della fanciulla, R. Bemporad & figlio, Firenze, 1921.djvu/19

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telegrafi dello stato 15


pelli bizzarri, i suoi profumi squisiti, pareva una giovane duchessa che si degnasse visitare quella casa del lavoro, una infante reale benigna e umana, che si compiacesse passare una giornata fra le umili operaie del telegrafo.

Parlavano ancora del freddo, innanzi alla porta bianca su cui era scritto: Sezione Femminile. Venne ad aprire Gaetanina Galante, l’inserviente, mostrando il suo viso appuntito e olivastro di volpe maligna.

— È venuta la direttrice? — chiesero, quasi in coro, le tre ausiliarie, entrando.

— Ma che! è andata a messa, — rispose quella, sogghignando nella sua sfacciataggine di servetta viziata.

Respirarono. Era sempre meglio giunger prima della direttrice, per dimostrar zelo e amore all’ufficio. Come entravano in quell’anticamera tetra, la burocrazia avvinghiava l’anima di tutte quelle ragazze, il frasario di ufficio, sgrammaticato e convenzionale, fioriva sulle loro labbra. Quelle già arrivate, chi seduta, chi presso la finestra per avere un po’ di luce, parlavano già di linee, di guasti, d’ingombri sui circuiti diretti. Lo stanzone era cupo ed esse sbassavan la voce, per istinto. L’unica finestra dava sullo stretto vicolo dei Carrozzieri; l’oscurità dell’anticamera era aumentata dal grande armadione, diviso in tanti armadietti, dove le ausiliarie riponevano i cappelli, gli ombrellini, i mantelli: quelle più poverine, la colazione portata da casa: quelle meno povere, il ricamo o l’uncinetto: le più studiose o le più romantiche, i quaderni. In mezzo allo stanzone, un grande tavolino di mogano: a una parete un di-