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telegrafi dello stato | 23 |
con un egoismo placido di beghina scrupolosa. E come le chiamate si facevan sempre più precipitose, le ausiliarie, per dire qualche cosa, per interrompere quel noioso silenzio, per far chiasso, dissero ognuna:
— Foggia chiama, Foggia chiama. Foggia chiama, chi sta a Foggia, chi risponde a Foggia? –
— Zitto, zitto, eccomi qua, — disse Annina Pescara, entrando dall’anticamera e correndo alla macchina di Foggia. — È un bel seccante, Foggia! —
E si mise a ricevere, tenendo alta con due dita della mano sinistra la striscia di carta e scrivendo il telegramma che era per Napoli, sul foglio bianco. Dopo le prime parole, ella chiamò la sua indivisibile amica.
— Borrelli, vieni qua. —
La Borrelli piegò un giornaletto letterario che stava leggendo di nascosto, la Farfalla, se lo cacciò in tasca, si raddrizzò le lenti sul naso, con quel moto istintivo dei miopi e corse dalla sua amica. La Borrelli, ora, leggeva anch’essa sulla striscia di carta attentamente:
— Che imbecille! — esclamò, a un tratto.
— Scusa, mi pare che non sia un imbecille: vuol molto bene a questa sua innamorata; — rispose Annina Pescara, offesa nelle sue tendenze sentimentali.
— Sì, ma un uomo non si umilia così; — ribattè la Borrelli, facendo la dottoressa.
Il telegramma d’amore continuava, era di cinquantanove parole, veniva da Casacalenda ed era diretto a una Maria Talamo, in Napoli, alla Riviera di Chiaia. Era un telegramma dolcissimo: l’uomo effondeva il suo amore in quel giorno di festa familiare, dolendosi della solitudine che nulla veniva a confortare, deside-