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24 telegrafi dello stato


rando una parola di affetto dalla persona amata, giurando che nulla lo avrebbe fatto desistere da questo amore, né la guerra degli uomini, né le avversità del destino, né il medesimo disprezzo di lei, donna adorata. Tutto questo era letto da Maria Morra che era accorsa anche lei, da Peppina Sanna che passando, si era fermata, da Caterina Borrelli e da Annina Pescara che riceveva sempre.

— Quanta rettorica! — esclamò la Borrelli.

— Questo telegramma viene da Casacalenda? — chiese la De Notaris, avvicinandosi.

— Sì, sì, — le fu risposto.

— Oh è il solito: ne giunge uno quasi ogni giorno: ne ho ricevuti anch’io.

— Questo è quel tale che si sdilinquisce sempre, — gridò Ida Torelli, dal suo posto, — aspetta, aspetta, che voglio leggere anche io. —

Erano aggruppate in dieci, attorno alla macchina di Foggia, Annina Pescara, tutta fiera, rizzava la piccola persona sulla poltroncina di tela e leggendo sulla zona, ripeteva ad alta voce, con tono solenne, quelle parole appassionate. Le ragazze stavano a sentire, tutte intente: Ida Torelli, la scettica, sogghignava: Caterina Borrelli, lo spirito forte, si stringeva nelle spalle, come seccata di tante sciocchezze. Ma le altre erano un po’ commosse da quella prosa telegrafica incandescente, e sottovoce già parlavano dei loro amori, più o meno sfortunati. Adelina Markò, la bellissima, aveva due o tre pretendenti, che ella non poteva soffrire e invece amava un alto impiegato telegrafico, vedovo con due figli, troppo vecchio per lei, che i suoi