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62 telegrafi di stato


si era mai potuta sapere: era mancata a un tratto: ma tre o quattro volte era stata chiamata in direzione, l’avevano vista salire dall’altro salone, col suo grande corpo slogato, da uomo mal fatto. E anche la direttrice era stata tre o quattro volte in direzione, per molto tempo a conferire col direttore; e n’era venuta via con la faccia stravolta e le labbra di rosa morta anche più pallide. Una disgrazia, quella della Juliano, che colpiva tutta la sezione: una disgrazia non chiara, ma di cui si sentiva il malessere latente. E pensare che ella era così brutta! Ma tutto un garbuglio di segni comparve sulle linee di Cosenza e di Catanzaro dove stavano Maria Morra e Sofia Magliano, e poco dopo la vice-direttrice annunziava:

— Un palo è stato fulminato, verso Salerno: contatto su Cosenza, Catanzaro, Reggio, Potenza e Lagonegro. —

Sei linee erano abbattute nello stesso tempo: ma non tacevano: su quelle macchine vi era un imbroglio di correnti, di trasmissioni, di colpi forti che l’elettricità dell’aria tagliava in due. Il tuono rombava più forte; in tutti i punti di contatto, fra metallo e metallo delle macchine, vi era una lieve scintilla.

Gli isolatori, a punte metalliche, come i denti di un pettine, scintillavano, a riprese. In questo la direttrice entrò, vestita di nero, con un velo di crespo nero sul cappello e i guanti neri: aveva gli occhi rossi e gonfi. Si mise a discorrere piano con la vice-direttrice: le ausiliarie la guardavano, subitamente diventate pallide a quel lutto, senza curarsi più dell’elettricità: certo ella ritornava di lassù, dove era andata con le altre ausiliarie. Non osavano chiamarla e chiederle