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80 per monaca


Olga raccontava alle amiche che l’ascoltavano, che essa faceva venire tutto, tutto da Parigi, in un convento di monache si ricamava già il corredo, di biancheria dappertutto il suo motto for ever, insieme alla iniziale del suo nome: ai vestiti non aveva ancora pensato, ma per quelli da ballo non ci era che Worth, per i vestiti da sport non ci era che Lewis, per quelli da mattino Caroline: e le sue amiche avevano lasciato di lavorare, l’ascoltavano avidamente, avendo innanzi agli occhi tutta una visione di stoffe, di cappelli, di veli, di merletti.

— Hai pensato di farti fare delle camicie di seta? — domandò Elfrida Kapnist.

— No, — rispose Olga. — Non sapevo che usassero di nuovo.

— Usano moltissimo, di una seta floscia e leggerissima, azzurra, rosa, crema, con le trine di vera Valenciennes. Tutte le mondane.... e le altre, ne hanno. —

Olga non rispose: Maria Gullì-Pausania aggrottò le sopracciglia e scostò la sua sedia, per non toccare la sedia di Elfrida. Costei sapeva dunque, sempre, quello che i giovanotti dicevano alle loro cene e quello che le donnine troppo alla moda indossavano? Olga aveva ripreso a dire che Massimo avrebbe voluto farle dei regali, dei gioielli, senza dubbio, quelli famosi di casa Daun, ma che essa assolutamente non li voleva, faceva un matrimonio di amore, dei brillanti non gliene importava proprio nulla. Le ragazze che cucivano, approvavano, sorridendo, senza levare il capo, pensando ognuna in cuor suo quanto fosse ingenua e buona Olga Bariatine; i famosi brillanti di casa Daun, Massimo li aveva