Pagina:Serao - Il romanzo della fanciulla, R. Bemporad & figlio, Firenze, 1921.djvu/90

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86 per monaca


di lampioncini colorati: tanto che tutto il mare ne rimase fantasticamente rischiarato e il mastodonte di legno e di ferro, dipinto in rosso, senz’alberatura, tozzo e pesante, l’Italia, varata la mattina, ebbe l’aria di un grosso e grasso idolo marittimo, silenzioso, tronfio, immobile, a cui tutti bruciassero ceri e incensi.

Sulla corazzata ammiraglia, cessato il breve fuoco di artificio, si ballava dappertutto. L’ammiraglio Gaston, grande, rosso, quasi colossale, con un torace spazioso e solido, come la poppa di una corazzata, la sua piccola e simpatica signora, le due figliuole più grandi, quindicenni, vestite di tela azzurra, coi larghi colletti alla marinara che lasciavano vedere la bianchezza delicata dei colli, con certi cappelloni di paglia buttati indietro sui capelli biondi, vere marinare gentili e allegre, avevano invitata tutta l’aristocrazia di Napoli, di Castellamare, tutta la ufficialità di marina, tutti i forestieri che già villeggiavano a Sorrento, in quella fine di maggio. A piedi delle sue scalette di legno, a destra e a sinistra, era un continuo arrivare di barchette che portavano fuochi di bengala a prua e a poppa, era un ascendere timido ma continuo di signore e fanciulle, con una certa paura, non priva di piacere, senza guardare, sotto, la voragine nera del mare: esse sospiravano di soddisfazione appena arrivate sul ponte. Lassù la novità, la bizzarrìa dello spettacolo, la sua rarità se le prendeva, una grande curiosità le afferrava, si udivano di qua e di là dei piccoli gridi di sorpresa, di piacere. Una fanfara era piazzata nel centro della nave, attorno all’albero di maestro e attaccava i ballabili con una certa foga militare, con