Pagina:Serao - La mano tagliata, Firenze, Salani, 1912.djvu/252

Da Wikisource.
246 la mano tagliata.

ha qualche cosa di grande e di solenne, dove l’immaginazione meridionale riceve delle impressioni tutte diverse e si può smarrire ne’ sogni più bizzarri.

L’Alimena aveva anche qualche amico a Londra, specialmente all’ambasciata, ed era sempre sceso all’Albergo Piccadilly, dove si ritrovò con un senso di viva soddisfazione. In fondo, egli aveva temuto di non poter passare il confine, e, con una specie di audacia curiosa, aveva fatto a Milano lungamente i suoi preparativi di partenza: si può dire che era partito con la più perfetta ostentazione. Nessuno lo aveva seccato, nè a Milano nè al confine, mentre era andato via di giorno, con un gran lusso di bagagli, e telegrafando qua e là. Evidentemente, la questura aveva avuto ordine di lasciar pure partire il conte Roberto Alimena: o non aveva avuto nessun ordine, il che valeva lo stesso. Egli aveva passato il confine, con un leggiero palpito, non già di paura, ma di una commozione complessa, e quasi indefinibile. Egli non aveva paura; ma il suo desiderio di ritrovare il gobbo maledetto dagli occhi verdi, lo aveva talmente preso, che il suo timore era quello di non poter avere le mani libere per ricercarlo, per smascherarlo e per debellarlo. Questa, oramai, era la sua missione nella vita: missione nella quale si adombrava il vivo e segreto amore che egli aveva per quella mano tagliata, il vivo e segreto amore per la donna vestita di bianco, che nella sera di carnevale gli aveva lanciato un fiore, levandosi in piedi, e a lui era parso che nelle pieghe della veste bianca si nascondesse la deformità di un moncherino. Così la indifferenza delle questure a suo riguardo lo aveva riempito di gioia.

Roberto Alimena era restato solo pochi giorni al Grand Hôtel di Parigi. In quel momento i divertimenti enormi della grande città non lo atti-