Pagina:Serao - La mano tagliata, Firenze, Salani, 1912.djvu/403

Da Wikisource.

la mano tagliata. 397

quella di un immenso orgoglio e di un immenso dolore. Io sono tedesco, per mio padre, e russo, per mia madre. Sono nato a Berlino, ma non vi sono restato che poco tempo, giacchè mio padre e mia madre hanno sempre fatta una vita randagia e disordinata. Ambedue israeliti, mio padre era medico e mia madre ritenuta come una cultrice della magìa. Pallida, esangue, magra, con certi occhi ardenti come carbonchi, io me la ricordo sempre, col viso curvo sopra certe sue miscele, bollenti in una piccola caldaia di argento, curva sopra certi suoi grossi libri, scritti in lingue sconosciute a me fanciullo. Mio padre la rispettava e la temeva: spesso si chiudevano in una stanza, insieme, e io udiva degli strani canti uscire di là dentro e delle bizzarre esclamazioni esser pronunziate dalla voce alterata di mia madre. Non avevo paura, io, no; ma una curiosità terribile agitava la mia curiosità di fanciullo; e mentre la professione di mio padre mi attirava molto, le misteriose occupazioni di mia madre mi affascinavano. Eravamo poveri, è vero, ma, spesso, insolitamente, correva denaro in casa. Personaggi sconosciuti venivano da noi, nella notte, e conferivano con mia madre. Io mi alzava dal mio lettuccio e, seminudo, scalzo, andavo a origliare. Talvolta essa parlava o cantava; strani profumi d’incensi, di mirre, venivano dalla stanza. Io sonnecchiava, a quella porta; i profumi mi stordivano. Mia madre mi trovava colà, mi prendeva nelle braccia, mi toccava la fronte ardente con le sue mani fredde. Lentamente, mentre mio padre m’iniziava agli studi pratici di medicina e io seguiva gli studi scientifici, in età ancora giovanissima, con una precocità straordinaria, mia madre m’iniziava allo studio delle scienze occulte; e, presto, io, appassionatissimo, fui il suo miglior sussidio in queste esercitazioni del potere umano. Da dodici a venti anni,