Pagina:Serao - La mano tagliata, Firenze, Salani, 1912.djvu/438

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432 la mano tagliata.

non posso partire, io debbo aspettare qui la mia sentenza. —

Intanto, Dick Leslie si era levato, ma non se ne andò. Pareva che avesse un’ultima cosa da dire; e difatti mentre Ranieri Lambertini lo guardava con occhi smarriti, gli soggiunse:

— Io vi ho portato una terza lettera.

— È vero! — rispose il conte. — È di Maria Cabib, diretta a sua figlia Rachele. Sapete voi, caro Leslie, che contenga questa lettera?

— Io lo ignoro, signor conte. Ebbi solo istruzioni di consegnarvela, e null’altro. Ora, io non so che vi è scritto dentro, ma posso darvi un sol consiglio: mandatela subito alla signorina Rachele, nel convento ov’ella si trova.

— Credete che questa lettera possa mutare il mio destino? — chiese ansiosamente Lambertini.

— Lo ripeto, non lo so. Mandate la lettera, mandatela presto. —

Così, i due che probabilmente non si dovevano più rivedere nella vita, si lasciarono in quelle ore pomeridiane, poichè metà della giornata era trascorsa nella lunga lettura. Ancora una volta, Ranieri Lambertini raccomandò a Dick Leslie di vegliare sopra la salute di Roberto Alimena, e ne ottenne una seconda promessa, seria come la prima, giacchè gl’inglesi non sono abituati a promettere invano.

L’agente di polizia, dopo essersi licenziato da Ranieri Lambertini, non prese neppure il tempo di fare una passeggiata per Napoli, che egli non conosceva, e dopo aver mangiato e dormito, ripartì col treno di Roma della sera.

Poichè l’ora era tarda, Ranieri Lambertini non potè inviare la lettera della povera Maria Cabib a sua figlia, che l’indomani, nè Rosa che aveva fatto quella commissione, potè avere la consolazione di vedere la novizia suora Grazia.