Pagina:Serao - La mano tagliata, Firenze, Salani, 1912.djvu/86

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80 la mano tagliata.


— Tuo?

— Non mio. Un segreto strano, forse tragico, forse mortale, e che io dico a voi, all’uomo che tutto sa e che conosce quel che deve dire.

— E perchè me lo confidi? — chiese Amati, corrugando le sopracciglia.

— Perchè ho bisogno della vostra assistenza.

— In che?

— Nello scoprire la verità.

— Non tutte le verità è bene sapere, nè tutte è onesto voler conoscere, — mormorò Amati.

— Forse! Ma, oramai, il dado è tratto e per me, per il mio spirito, per il vago pericolo che mi minaccia, io debbo saper tutto, — disse Roberto Alimena, già esaltato.

— Spiegati, figliuolo mio, — disse Amati, guardandolo con meraviglia, perchè non lo aveva visto mai così eccitato.

— Aprite quella scatola, professore!

— Debbo io aprirla? Ricordati che dicesti non essere un tuo segreto!

— Se mi volete bene, se avete amato mio padre, se amate la verità, aprite quella scatola e ditemi di che si tratta. — Senz’altro Silvio Amati aprì il nero cassetto. La bellissima mano troncata apparve, elegantemente e lievemente appoggiata sul velluto, tutta ricca di anelli fulgidi, col suo braccialetto d’oro dalle catenine che legavano il braccio.

Silvio Amati fissò lungamente i suoi occhi acuti su quella mano, senza che nessuna sorpresa si mostrasse sul suo volto; poi si volse a guardare Roberto Alimena.

Egli era pallidissimo e le sue labbra avevano un lieve tremolìo.

— Che è, questo, Roberto? — domandò l’illustre scienziato.

— Voi dovete dirmelo, professore.