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la mano tagliata. | 89 |
delle altre che vogliono per forza entrare nella mia stanza, qualche vaga minaccia intorno a me.
— Non fantastichi?
— Non ho mai fantasticato.
— La cosa è grave, allora. Cerca di restituire questa mano, — disse Amati, il cui viso si era fatto oscuro.
— Vi dico che ho cercato e non mi è riuscito!
— Evidentemente, si tratta di un delitto, — mormorò il professore. — Colui che ha disperso quella mano, ne è desolato: ma non vuole fare un passo per farsi conoscere.
— Sono certo che egli non si arretrerebbe innanzi a un altro delitto, per riaver quella mano, — disse Roberto, cupamente, di nuovo esaltato.
Ambedue tacquero di nuovo. Amati aveva appoggiato la fronte sulla mano e meditava.
— E se tu la portassi alla questura? — disse, dopo un certo tempo, Amati.
— Avrei molti sopraccapi, certo, — osservò Alimena.
— Forse non crederebbero alla tua storia.
— È così poco verosimile! Io sono vittima di una fatalità.
— Vittima, no, speriamo! Cerchiamo un mezzo.
— Ve ne è uno solo, — disse Roberto, risolutamente.
— E quale? Ritrovare l’uomo gobbo, dagli occhi verdi?
— No. Ritrovare la donna dalla mano tagliata.
— Ritrovarla, dove? In un cimitero? Vuoi tu violare diecimila tombe? Diventare un vampiro? — disse Amati, con un risolino sforzato.
— Che! Non vi è bisogno di questo, — disse Roberto, sempre con risolutezza.
— Ti farai dare il permesso di aprire tutti i camposanti?