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90 | la mano tagliata. |
— Io non credo che quella donna sia morta, — replicò Roberto, quietamente.
— Hai torto, — disse, con freddezza Silvio Amati.
— Che volete? Non ci credo, — replicò il giovane gentiluomo, insistendo.
— È una follìa, mio caro.
— Ognuno di noi ne ha una, non è vero?
— Scegline un’altra. Questa può condurti a male, figliuolo. Chi sa dove, chi sa da quando, la poveretta, vittima di uno sconosciuto infame, giace morta, in qualche ignoto cimitero. Non perdere il tuo tempo e il tuo denaro per un cadavere!
— Essa è viva, vi ripeto.
— Se tu vuoi ingannarti, fa pure, mio buon Roberto. Ma tu segui una falsa traccia. Tu gitterai il tuo lavoro e i tuoi quattrini e chi sa! correrai anche qualche pericolo. Di ciò soltanto mi preoccupo, perchè ti voglio bene.
— Bah! Sono giovane e non ho paura. Troverò quella donna. — Il professore Silvio Amati ebbe un sorriso indulgente, ma pieno d’ironia e di sfiducia.
— Vedrete!
— Mio caro, chi studia non si stupisce di nulla. Ma la infelice a cui hanno tolto quella mano e quel braccio, è morta.
— Ne siete certo, professore?
— Certo.
— Ma non certissimo!
— Non si può essere certissimi di nulla, al mondo, mio caro. Ma sai tu la probabilità della vita di quella donna, contro la morte, sai tu come sta?
— Come?
— Uno contro novantanove.
— Io mi attengo all’uno, — ribattè, ostinatamente, Roberto Alimena.
— Fa’come vuoi, figliuolo mio, — disse il pro-