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diffondeva; come il giovane si lasciava trasportare dall’amore, la sua voce tremava, ed in essa passava la nota tenera e grave dell’affetto, la vibrazione profonda della gelosia, l’ondulazione indefinita della mestizia, la nota stridula dell’ironia, tutte le variazioni che ha l’amore.

La dama, placida, tranquilla, sorridente, agitando il leggiero ventaglio di piume, giocherellava amabilmente e ferocemente col cuore del giovane. Ella, a sua posta, creava in lui lo sconforto desolato o l’inesauribile speranza, la cupa gelosia o l’estrema fiducia, la collera senza nome e senza limiti o la gioia senza confine. Abituata a questi sottili e malvagi godimenti, ella si compiaceva stringere quel cuore innamorato in una mano di ferro che lo soffocava a poco a poco e poi ridonargli la vita, carezzandolo con una mano leggiera e vellutata; si dilettava far sussultare di dolore quell’anima, gittandola bruscamente nella disperazione; gioiva facendola esaltare grado a grado, sempre più, fino a farla