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storia di due anime 109


mera all’altra, lasciandolo solo: egli udiva la voce breve, comandare nettamente a Mariangela, senza una parola superflua. Spesso, ella leggeva certi suoi romanzi: e non lasciava di leggere. Spesso sonnecchiava, in una poltrona: e appena schiudeva gli occhi. Deluso e umiliato, egli fingeva di cercar qualche cosa, per non confessare di esser venuto, senza una ragione, solo per tenerezza, solo per rivederla: gironzava per la casa, senza scopo, con le mani pendenti: e finiva per andarsene di nuovo, col cuore stretto, dicendo fra sè:

— Sempre la stessa: ella non mi ama.

E, più tardi, non osando ritornare a casa, temendo di leggere in qualche lieve sorriso che, ogni tanto, si delineava sulla tumida e voluttuosa bocca di Anna, tutto il ridicolo in cui ella teneva queste visite improvvise d’innamorato goffo, egli vi mandava lo sciancatello Nicolino, con un bigliettino, dove si chiedeva di una cosa qualunque, senza importanza, ma si aspettava risposta: o, infine, Nicolino era incaricato di un’ambasciata, a voce, e gli s’ingiungeva di portare la risposta, senz’altro. Abbassato il capo sulla sua opera, con le belle mani abili che andavano e venivano, Mimì Maresca tendeva l’orecchio, a udire i passi bizzarri dello sciancatello, che dovea ritornare. Talvolta, costui tardava; e in silenzio attivo, Mimì Maresca già fremeva d’impazienza. Lo storpio rientrava in bottega: e ripeteva la risposta:

— La signora si pettinava e non ha potuto scrivere.