Pagina:Serao - Storia di due anime, Roma, Nuova antologia, 1904.djvu/161

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storia di due anime 159


quale l’aveva immaginata, nelle sue ore di abbattimento mortale, quale l’aveva desiderata, nelle sue ore di disperata e vana penitenza, vedendola nell’aureola di splendor tetro come egli l’aveva invocata nella sua dedizione spirituale, nella ricchezza funebre dell’oro simile alle coltri dei cadaveri, vedendola negli occhi disperati, nel cuore trapassato, sotto una corona pesante che ne accasciava il picciol capo arrovesciato, e sotto il manto mortuario, innanzi alla realtà della sua visione e della sua preghiera, il gentiluomo sussultò, il suo viso si decompose ed egli vacillò, come se svenisse. Gli dettero una sedia: vi cadde: e nulla sapendo più, nulla vedendo e nulla udendo, come un essere misero e caduco, fra quei miseri e caduchi, egli si nascose la faccia fra le mani, scoppiando in pianto.

Niuno osò accostarsi a lui, pronunziare una parola. Quella povera gente, attese, mutamente, in attitudine di rispetto, che la emozione del duca avesse tutto il suo sfogo. E, presto, negli occhi imperiosi del gentiluomo, le lagrime si disseccarono; con uno sforzo di dissimulazione, il suo viso si ricompose, riassunse l’aspetto freddo e orgoglioso che persisteva, sempre, anche nel pallore crescente, anche nelle linee consumate. Fermo sulle sue gambe, egli si levò, andò ai piedi della immensa statua, per vederne meglio i particolari, vi girò attorno lentamente, osservando tutto con minuzia, portando in questo esame come la glacialità di un mercante. E, infine, ritornato innanzi al ricco e