Pagina:Serao - Vita e avventure di Riccardo Joanna, Milano, Galli, 1887.djvu/137

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la grande giornata. 127

alle regie poste. Costui, presso la porticina di Riccardo Joanna a Via in Arcione, col pomo della mazzettina appoggiato alle labbra, ascoltava con una compunzione profonda l’attacco critico del suo amico: e i carabinieri che gironzavano intorno alle reali scuderie, manco si voltavano a vedere chi fosse quel declamatore che ora nominava Shakespeare e Molière. Parlava del teatro, ora, Riccardo, cavando dalla memoria, che aveva forte e pronta, citazioni e titoli, date e raffronti. Brandi, taciturno, non osava interrompere quel bel discorso, incantato, preso da quella forma varia ma efficace. Poco intendeva e poco poteva seguire il moto rapido del cervello di Riccardo: ma sentiva che egli diceva delle cose giuste, belle e profonde. Alla fine, inebetito, giusto quando Riccardo credeva di averlo convinto, di avergli dimostrato la trivialità della commedia e di coloro a cui piaceva, l’impiegato stupidamente disse:

“Ma è stata molto applaudita....”

“Va al diavolo!” gridò Riccardo imbestialito, ficcando la chiave nella toppa.

“Ma almeno scrivile queste belle cose,” supplicò il disgraziato, “non le dire a me che non le capisco. Scritte, le capirò forse.”

“Le scriverò, le scriverò, e tu non capirai mai nulla,” rispose Riccardo, dalla scala.