Pagina:Serao - Vita e avventure di Riccardo Joanna, Milano, Galli, 1887.djvu/365

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una catastrofe. 355

della presenza di Antonio Amati, si nascose la faccia fra le mani, in un disperato accasciamento. Il giornalista novellino lo guardava, e non osava parlare: mentalmente, confusamente, egli faceva il conto dei debiti di Riccardo Joanna, e avrebbe voluto avere quei quattrini, per darglieli, per levarlo di quella pena. Ma dopo un momento, appena Riccardo Joanna aveva ripresa la penna, un altro creditore entrò: era un trattore, dove Joanna aveva pranzato, per due mesi, un po’ pagando, un po’ senza pagare, e infine aveva piantato il chiodo, non ritornandovi più. E quello di cui più si lamentava il trattore, più del debito, più del tempo che era passato, si lamentava di questa disistima, di questa offesa al suo amor proprio di trattore. E Riccardo Joanna pretestava un viaggio, un’assenza di due mesi, una dimenticanza: prometteva che sarebbe ritornato, senz’altro, ad assaggiare quel buon risotto alla cappuccina: il trattore usciva, obliando di chiedere i suoi quattrini. Poi due altri ne vennero insieme, un litografo per certe incisioni di un numero-strenna, pubblicate un anno e mezzo prima, e il commesso del camiciaio, per certe camicie, da notte, di seta, un conto vecchissimo. Parlavano a gara, l’uno interrompendo l’altro, cantando monotonamente la stessa canzone, insistendo, insistendo