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iv. le novelle 789


Questo rifiutarsi agli allettamenti della tradizione illustre lascia libera la sintassi del Sercambi novelliere di fondarsi, in modo ancor più massiccio di quella del cronista, sui moduli della narrazione parlata, in cui lente ed involute gradazioni paratattiche avvicinano progressivamente all’azione in cui culmina il periodo. Una struttura paraipotattica chiaramente distinta in due livelli gerarchici: quello degli elementi accessori della narrazione, serrati nell’implicita gerundiva o participiale a carattere ellittico e ridondante, e quello degli elementi primari, allineati nell’esplicita su cui poggia e si riposa tutto il periodo. Ne risulta una costruzione dal ritmo rallentato, in cui sembra che ogni particolare debba essere assaporato per sé, e quel tipico tono di suspense che si forma nell’attesa dell’azione principale imminente.

Una simile costruzione, estesa dal periodo sintattico all’episodio narrativo, permette al Sercambi di valicare i limiti e le strettoie dell’aneddoto e giungere ad una forma di racconto abbastanza complesso, in cui lasciti e prestiti eterogenei vengono fusi insieme fino a ritrovare una singolare omogeneità1.

La fedeltà al parlato rende, inoltre, possibile al Sercambi quella genuina intonazione del dialogo che quasi sempre riesce da sola a rivelare il personaggio ed a costruirne la coerenza interna. La novellistica ci offre pochi esempi di un dialogo così felicemente verace come quello che troviamo, per citare un esempio, nella novella cvi, in cui la ricostruzione dei movimenti interni ed esterni del racconto viene quasi esclusivamente affidata alle battute ed ai timbri delle voci.

Ma la vocazione del Sercambi ad essere l’interprete della vita lucchese agli inizi del xv secolo è visibile non solo negli elementi che abbiamo brevemente indicati, ma ancor più nel suo mondo novellistico.

Sercambi è, dopo il Boccaccio, il novelliere più ricco di motivi. Ricchezza che non gli proviene tanto dal modo in cui ha saputo profittare delle sue fonti2, quanto piuttosto da una curiosità per il tipo ed il per-

  1. Si veda in proposito il nostro art., Le progressioni narrative nelle Novelle del S., in «Italica», xlii (1965), 218-23.
  2. Allorché questo sembrava assolutamente essenziale, si sono indicate per molte delle novelle del S. alcune fonti, che noi abbiamo annotate in apparato per comodità dello studioso. Non abbiamo creduto di dover andar oltre questo dovere di natura bibliografica, dato che un’analisi delle sospettate fonti, malgrado le affermazioni in contrario del Di Francia (La novellistica cit., i, 229 sgg.), conduce alla convinzione che il S. non si sia potuto servire di fonti scritte. Qualunque tentativo in questo senso (si v. per la bibliografia il cap. seguente) non ha mai approdato a risultati soddisfacenti. Noi propendiamo invece a credere che molti motivi