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dell’aneddoto o quelli imitati dalla tradizione più illustre, e neppure quelli dove le sue tendenze realistiche lo portano verso compiacimenti di natura crudamente erotica: i suoi migliori racconti sono quelli che aderiscono più profondamente alla convinzione (che era già pienamente umanistica) che l’uomo foggia il suo destino a dispetto delle circostanze e dominandole. La parte più originale e vera del suo mondo si ritrova nelle novelle in cui riesce a far vivere la leggenda, così vera a quel tempo, del povero pastorello che con la forza del suo ingegno, sfruttando «politicamente» le circostanze, diventa condottiero di eserciti e signore di città. Pincaruolo, Malagigi devoto di san Martino, Paulo figlio di Taddeo, Calidonia, il Nibbio sono di questa pasta. Tutti, più o meno, con la faccia di popolani lucchesi; e chi non ce l’aveva, come il Nibbio che era nato figlio di re, se l’era fatta prima di mettersi sulla strada della fortuna.

Non si tratta però di leggenda nel senso di fiaba (ed ecco perché non ci piace parlare di fiabesco nei riguardi del Sercambi) ma in quello di esempio, di mito; in quel partire verso il mondo alla ricerca della fortuna è forse il segno del lucchese che andava a Parigi, a Bruges, a Londra a tentare la sua fortuna; o forse quello dello stesso Guinigi, o dello stesso Sercambi.


V. STUDI DEDICATI AL SERCAMBI


Mentre alcuni saggi e studi di profondo impegno e di fine penetrazione sono stati dedicati a Franco Sacchetti, nessun serio tentativo è stato compiuto finora tendente a recuperare il Sercambi alla critica moderna. Fu la ferma convinzione che ciò sia stato determinato dalla situazione rudimentale della critica testuale sercambiana a suggerirci il presente lavoro che vuole appunto essere un invito ad una nuova lettura del novelliere lucchese.

La critica ha finora visto il Sercambi solo come elemento rappresentativo di una certa tendenza, e se qualche voce si levò in passato

    a riconoscerla nella nuova forma che assume nelle Novelle, dove l’impianto generale, i luoghi ed gli incidenti minori sono completamente diversi dall’originale. Nella nov. cxxxv, corrispondente a quella di Guglielmo Rossiglione (Dec., iv, 9), il marito fa mangiare alla moglie non già il cuore, ma la faccia dell’amante che lei aveva tanto ammirata; tutto il dialogo e l’azione, centrati intorno a questo particolare, conducono alla cruenta conclusione con terribile logicità.