Pagina:Sercambi, Giovanni – Novelle, Vol. II, 1972 – BEIC 1925048.djvu/321

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ii. le edizioni 819

dire che a stamparle non gli «sembrava ne valesse la pena»1. Alla stessa maniera sibillino egli appare scusandosi di non aver dato il testo del codice nella sua interezza: «Varie sono le ragioni per cui non l’ho fatto, né posso addurle qui. D’altra parte la collazione di queste novelle [e cioè quelle già pubblicate dagli altri editori] mi ha persuaso che se con l’aiuto del ms. si può in vari luoghi rettificarne la lezione, differenze veramente sostanziali, cioè di tal natura da alterare l’indole ed il corso del racconto, non vi sono»2.

Malgrado il suo ottimismo, le differenze sono molte e sostanziali: il testo dato dal Renier è basato su di una lettura approssimativa, tanto che in un primo tempo ci eravamo proposti di notare in apparato i luoghi dove la nostra lezione ed interpretazione si discostava dalla sua, ma abbiamo dovuto abbandonare l’idea perché l’apparato stesso veniva ad assumere l’apparenza di un confronto non con il codice ma colla sua edizione, causando confusione nel lettore e noia (o irritazione) nello studioso. Basta d’altra parte collazionare qualche pagina scelta a caso dal nostro testo con quella corrispondente nell’edizione Renier per avere una precisa idea delle differenze e della loro natura.

Un’altra leggerezza del Renier va individuata nell’aver trascurato di giovarsi del codice lucchese delle Croniche che gli avrebbe porto molto aiuto nell’accertamento della lezione di T e nello studio dei modi sintattici del Sercambi. Egli sapeva che già il Bongi attendeva all’edizione dell’opera storica e non gli sarebbe stato difficile prendere visione del ms.

Il Renier livellò in senso moderno e fiorentino la grafia del codice senza mai render conto del criterio adottato, senza prendersi cura però di far lo stesso con i titoli latini delle novelle, così che questi rappresentano i soli luoghi in cui il codice viene reso con una certa fedeltà. Rifiutò di offrire una lezione critica dei nomi propri, caricando il povero Sercambi anche delle colpe del suo incauto amanuense. Distinse molto raramente la lezione originale da quella emendata o congetturata, presumendo financo nel codice qualche lacuna che non esiste. La punteggiatura, infine, dà la vera misura della trascuratezza del Renier, il quale non distingue il discorso diretto dall’indiretto, non riflette la divisione in paragrafi presente nel testo e dimostra chiaramente di non aver tenuto in alcun conto la particolare struttura sintattica del periodo sercambiano.

  1. Cfr. Nov. ined. di G. S., a c. di R. Renier, cit., p. lxiii.
  2. Ibid., p. lxiv.