Ma pèrdono di luce ogni vestigio
Le vane lucciolette, appena albeggi.
A chi non vede, ogni tuo lampo è scarso; 55E l’infido bagliore il guardo appanna,
Turba o irrita alle veggenti schiere.
Ma quale a poetar voglia ti punse? —
Breve rispondo. Di poeta il vanto
Chi al raggio nacque di benigna stella 60S’abbia; o la turba garrula ne usurpi,
Affaticando l’eco lamentosa
Con vuote ciance venerando il nome.
Fosse elezïon, fosse ventura,
La cara memoria di quei giorni 65Quando la giovinetta anima apprende
A palpitar per l’itala canzone,
Od altro fosse io non dirò. Con verso
Languido e sciolto vo significando
Ciò che più nella mente entro mi suona 70Allor che il vezzo od il cortese invito
A far m’appella di lontan tenore
Debole e fioco agli alternati canti.
Di pedestre sermone il metro tenni;
Deh! l’ombre mi perdonino de’ padri, 75Che fur duci e maestri; e al metro imposi,
Od alla intenzïon, nome conforme.
Nè di verbo garrir piacquemi, ignaro
Benchè non fossi (e l’ignoranza fòra
Di scusa indegna) omai, che più dell’opre 80E delle cose il titolo si pregia.
Togli i nomi ed i ciondoli, che resta?
Ma della scorza e delle incise note,
Che al popolo non fan dolce richiamo,
Se non gravi il tacer, tacciasi. Quale 85Ne fia il midollo e l’intima sostanza?