Di splendid’oro ornata, e dall’abbietta 220Turba di panni laceri coperta,
Che neghittosa a comun danno i giorni
Lenti consuma. A povertade spesso
Ignavia è madre; ma da rea ventura
Nasce talvolta e maggior forza acquista, 225A belle di virtù prove, che sacro
Il dolor fanno e il beneficio degno.
Forse la scuola del dolore è muta
A cui l’ignaro volgo invidia porta?
Oh vano giudicar, che alla corteccia 230Bada e non cura l’intimo midollo!
Non a prezzo di facile pecunia
Pace si compra; e se la dura inopia
Combattere dobbiam, perchè nel sano
Corpo la mente libera s’indonni, 235Forse presumi cancellar dal mondo
Ogni distinzïon, che da natura,
Dall’umano consiglio e dall’arcano
Ordine delle cose a noi procede?
Finchè nell’un la vigoría prevalga 240Dell’ingegno e degli organi, e nell’altro
Alla ragion predomini il talento,
Opre vedrai diverse a cui diverso
Frutto risponderà. Dai padri ai figli
Delle industri fatiche e dei lodati 245Esempi si trasmettono i tesori
In serbo posti; e che più tardi in vane
O pazze imprese temerarie o vili
Disperderanno immemori nipoti.
Nè rado avvien, che le turrite moli, 250Che i secoli sfidar parean sublimi,
Quasi nembo di polve al vento in preda,
Dalla celeste folgore squarciate