Cui del trivio e de’ garruli ridotti
La facil sapïenza e il lento giova 190Ozio procace! Delle oneste e belle
Donne il sorriso, già premio e conforto
A fatti egregi, più delle sopite
Virtù non basta ad eccitar favilla;
Chè del volgo profano all’occhio è schiusa 195La via che solo a voluttà conduce.
Ed il profano volgo i riti sfugge,
Onde s’eterna l’amorosa fiamma
Di puro foco accesa. O più dal cieco
Senso, che da ragion prende consiglio 200Se pur li segua, il giovanil talento
Piegando là dove la meta è oscura,
Breve la gioia, il pentimento acerbo:
O tratto sia dove trabocchi il peso
Della bilancia, che il molt’oro libra 205Coi titoli fastosi e cader lascia,
Inutil pondo, i non mercati doni
Della mente e del core; sia, che fatto
Già pel lungo vagar fracido e stanco,
Cerchi alle sazie voglie e al grave tedio 210Ésca novella e refrigerio e scampo
Negl’importuni talami, che agghiaccia
Indifferenza, od agita il sospetto
Cupo, discordia rea turba e contrista.
Dal funesto spettacolo la fronte 215Imen ritorce per vergogna ed ira;
E di sue gioie placide consola
La schiera eletta che, rimosso il piede
Dal lubrico sentiero in cui l’altezza
Si toglie del salire, i vanni scioglie 220Alla splendida cima, onde secura
La folgore guizzar mira fra l’ombre