Pagina:Sermoni giovanili inediti.djvu/29

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l’agricoltura. 25

Nell’ampie terre, alla più dotta mano
Di lui che a fondo lo ricerchi, e nove
220Ignorate dovizie al mondo arrechi,
E nova appresti salutar vivanda
A popol novo; se a lui basti il tempo,
Che pel discreto canone gli assegni.
Già scocca un’ora e l’ultima s’avanza:
225E tu con fioca voce e moribonda
Per infiniti secoli presumi
Delle cose fermare il moto eterno?
L’uno il frutto raccolga, all’altro lascia
La borïosa pianta, e il tuo decreto
230Saldo rimanga come in rupe scritto.
Oh! dalla tomba sollevare il capo
Dato un giorno ti fosse, e le deserte
Ville mirare, e le cadenti case,
E da infami paludi il suol coperto
235Non più lieto di mèssi e di felici
Abitatori, che l’aure omicide
Ad uno ad uno spensero col lento
Avvelenato sorso. Orrido e muto
In tetra solitudine converso
240Lo sterminato campo i tuoi divieti
Ricorda al mondo che s’adira e piange;
Mentre, all’orgoglio degli estinti i vivi
Sagrificando, i posteri condanni
All’inerzia de’ vivi, al debil nerbo
245Od al corto veder: chè il tuo decreto
All’intelletto un raggio non infonde,
Ma le torpide voglie rassicura,
Le pronte arresta e le gagliarde fiacca.
Langue la pianta cogli aridi rami,
250O di maligno umore il dente allega,
Se a chi nell’arte dell’industre taglio