Pagina:Serra - Scritti, Le Monnier, 1938, I.djvu/374

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le lettere 327

ledda — lo scrittore che si presterebbe di più a essere trattato seriamente. Mentre le novelle son di una mediocrità esasperante, con quella monotonia regionale che non arriva neanche ad avere l’evidenza superficiale e chiacchierina del bozzetto di genere, i romanzi hanno un respiro più largo e profondo che finisce per trasportare uomini e cose e paesi — di cui nessuno ha felicità speciali di osservazione e di fattura — in un’atmosfera propria, quasi di commossa verità. Nelle pagine sempre mediocri c’è un non so che di umano e sincero, una epicità che rende una certa luce ai monti nudi e alle «tanche» e ai pascoli e agli ulivi argentati sull’orizzonte vasto, un certo interesse, un po’ grave, al racconto. Nella Deledda c’è qualche cosa che non si esprime direttamente e precisamente; ma si lascia sentire a poco a poco nel lavoro tranquillo. Bisogna ricordare che ella mosse da principii modestissimi, da un romanzo di avventura sentimentale con contorno di colorito locale, che non aveva quasi pretesa d’arte: e si è migliorata e rivelata naturalmente nel lavoro, fino a un certo limite: quando ha cominciato ad acquistare più coscienza artistica, cultura e ambizione, tentando anche il romanzo moderno, al di fuori della Sardegna, con idee, analisi di anime, precisione di tecnica, come usavano gli altri, i veri scrittori, allora s’è dovuta fermare. E se ha voluto ritrovare il pubblico, e una certa contentezza del suo lavoro, ha dovuto tornare al tipo solito; e l’ha ripreso in certe cose ultime con una maturità e quasi una fusione più calda di quegli elementi semplici e comuni. Ha una maniera anche lei e la sfrutta; ma non con abilità commerciale; con una certa ingenuità, che la rende noiosa e la fa rispettare. Le novelle