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notizia sugli scritti di renato serra 427

un poco per abito naturale, un poco, in quelle pagine, per la forza delle circostanze. Mi dispiacerebbe che il giornale ci facesse una figura poco bella: le presentazioni di gente nuova son sempre un poco come il parto della montagna....» (Ep., 272).

Ma ne La Voce, che lo sappia, nessun brano dello studio pascoliano comparve, (di esso il Serra doveva aver fatto, terminata la pubblicazione su La Romagna, anche un «estratto», come pare debbasi intendere dal poscritto della lettera del 1° settembre 1910 all’Ambrosini: «Non t’è mica rimasta quella copia del mio Pascoli che ti spedii? Io non ne ho altre»). Invece nella lettera suddetta all’Ambrosini si comincia a far parola del volume che doveva pubblicare La Voce: «Prezzolini (che migliora a occhio) mi chiede un volumetto per una sua serie: ristampa di Beltramelli, Pascoli, Machiavelli; più una cosa inedita: 200 lire. — Quanto mi farebbero bene! Ma mi secca tornar fuori con quella roba oramai vecchia non è elegante, è contro tutti i miei istinti. Ma ho una gran paura che finirò accettando. Gli ho scritto che aspetto il tuo consiglio: mandamene» (Ep., 335).

Nello stesso tempo, con lettera del 2 settembre 1910, domandava in proposito consiglio anche al prof. Emilio Lovarini, suo stimatissimo e amato insegnante d’italiano nel Liceo di Cesena: «Mi si offre di ristampare, per una collezione fiorentina, quelle mie note su Beltramelli, Pascoli e qualche altra; se vi unissi il Panzini, e terminassi l’Albertazzi che ho abbozzato? A Lei che ne sembra?» (Ep., 337).

E finì proprio accettando l’offerta del Prezzolini. Onde il Giovanni Pascoli fu il primo studio dei quattro compresi nel Quaderno sesto della Voce, dicembre 1910, Firenze; e il primo del volume I delle Opere di R. S., ristampate dalla Soc. An. Ed. La Voce, in Roma 1919, del quale furono tirate copie venticinque su carta distinta numerate, al prezzo di lire 8 ciascuna.